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Le tendinopatie e lo sport

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Le patologie a carico dei tendini costituiscono uno dei problemi principali per chi pratica attività sportiva e sono genericamente diagnosticate come tendiniti, cioè infiammazioni a carico di un distretto tendineo.

Nelle ultime decadi è notevolmente aumentata l'incidenza delle patologie da sovraccarico funzionale (“overuse”) e questo non solo per l’aumento della po

Nella grande maggioranza dei casi sono interessati i tendini più sollecitati e, in particolare:

- il tendine d'Achille nei podisti e negli sport di corsa;

- i tendini della cuffia dei rotatori della spalla in quegli atleti la cui disciplina sportiva implica l’uso intenso e ripetitivo dell’arto superiore, in particolare movimenti di lancio (giavellotto, nuoto, canottaggio, tennis, ecc.);

- il tendine rotuleo negli sportivi che sollecitano l’apparato estensore del ginocchio con salti e/o calci.

Ovviamente, può essere interessato qualsiasi distretto tendineo sottoposto a tensioni e movimenti ripetuti in quanto l'evento scatenante è rappresentato sempre da un eccessivo carico di lavoro per il tendine, che risponde agli insulti meccanici deteriorandosi.

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Riguardo la modalità di insorgenza della sintomatologia dolorosa , i primi stadi dell’infiammazione (a prognosi migliore) sono caratterizzati da presenza di dolore solo dopo l’allenamento o la gara ed attenuazione col riposo; nelle fasi successive, invece, il dolore si presenta sin dall’inizio dell’attività e rimane continuo, durante e dopo l’attività, o magari si attenua man mano che il muscolo si riscalda, ma determina comunque una limitazione dell’attività sportiva.

I sintomi clinici si manifestano prevalentemente durante la fase eccentrica del movimento (ad esempio, nella decelerazione dopo uno scatto e nell’atterraggio dopo un salto).

Se ci riferiamo alle lesioni da "overuse" degli Autori anglosassoni (eccesso di sollecitazione funzionale) si possono distinguere quattro diversi stadi di patologia:

- peritendinite (infiammazione del "paratenonio" ossia della guaina che riveste il tendine con mantenimento delle caratteristiche strutturali);

- tendinosi (degenerazione delle fibre tendinee che può coesistere o meno con la peritendinite);

- tendinopatia inserzionale (sofferenza del tendine alla giunzione tendine-osso con irregolarità del profilo osseo e lacerazione parziale di alcune fibre);

- rottura del tendine .

Solo raramente si assiste alla rottura a tutto spessore del tendine: evenienza che di solito è conseguente a trattamenti terapeutici non idonei (esempio infiltrazioni con corticosteroidi).

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Dal punto di vista terapeutico , oltre alla ricerca ed eliminazione di eventuali elementi esterni che favoriscono la cronicizzazione della sintomatologia è fondamentale la ricerca di condizioni anatomiche predisponenti e rilevabili all’esame clinico (asimmetrie, difetti posturali, instabilità articolari), che vanno sempre corrette per ottenere un buon risultato terapeutico.

Nelle prime fasi, caratterizzate da un processo infiammatorio con dolore e limitazione funzionale la terapia di tipo conservativo rappresenta una valida scelta e dovrebbe essere attuata unitamente a riposo funzionale, antinfiammatori, fisiochinesiterapia ed eventuali ortesi.

Recentemente è stato osservato come l’apporto di micronutrienti ad azione antiossidante ed antinfiammatoria possa agire sul tessuto connettivo favorendo ed accelerando la riparazione, con benefici in termini di minor tempo di recupero e sollievo del dolore.

Tra i micronutrienti necessari al buon funzionamento del tessuto tendineo e fondamentali nelle sue fasi riparative sono stati identificati: metilsulfonilmetano (MSM), ornitina alfa-chetoglutarato, lisina, condroitinsolfato, glucosamina, vitamine C ed E, biotina.

Quando si instaura una lesione di grado lieve-moderato del tendine il processo fisiologico di riparazione è molto lento poiché i tendini sono scarsamente vascolarizzati, rispetto ai muscoli. Fisiologicamente, l’apporto dei micronutrienti è assicurato dal movimento che ne favorisce la diffusione capillare, che viene invece ostacolata dall’immobilizzazione.

Quindi, se il riposo e l’immobilizzazione da un lato favoriscono l’attenuazione del sintomo dolore, dall’altro hanno un effetto negativo sul metabolismo e sulle proprietà di forza e resistenza dell’unità muscolo-tendine-osso.

Un programma di rinforzo muscolare eviterà, pertanto, l’instaurarsi di un'ipotrofia da inattività che contribuirebbe ad indeboilire ulteriormente l’apparato muscolo-scheletrico.

La prima fase dell’approccio terapeutico prevede, quindi, il controllo del dolore e della flogosi: l’associazione di riposo, crioterapia, terapia farmacologica antinfiammatoria, terapia strumentale ed esercizi di stretching sono normalmente proposti, unitamente alla rimozione dell’irritazione che ha causato l’infiammazione.

La seconda fase prevede il recupero della funzione mediante ginnastica riabilitativa: prima di iniziare il lavoro muscolare controresistenza è opportuno recuperare la completa escursione articolare, cercando di ridare elasticità al sistema con un programma di stretching muscolare associato ad un graduale potenziamento della muscolatura coinvolta.

Andranno incoraggiati esercizi di contrazione muscolare isometrica e, successivamente, isotonica, entro ambiti articolari inizialmente protetti e poi liberi, a carico libero e via via crescente (con elastici e pesi).

La rieducazione delle tendinopatie mediante esercizio "eccentrico" ha evidenziato buoni risultati clinici, in associazione con tecniche di stretching e terapie per il controllo della reazione infiammatoria (ghiaccio fine seduta).

L’efficacia del potenziamento eccentrico è stata ormai dimostrata in numerosi studi per il trattamento delle tendinosi achillea, rotulea ed epicondiloidea dell’omero. 

Esempio di contrazione "eccentrica".

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Il sintomo dolore agirà da “feedback" per la progressione del carico di lavoro.

È opportuno sottolineare come tempi di reazione e adattamento biomeccanico a questo tipo di lavoro siano comunque lunghi; è necessario, pertanto, spiegare al paziente (e, in particolare, agli atleti e ai loro allenatori) che, molto spesso, i risultati del trattamento si manifesteranno solo a distanza di mesi, sconsigliando quindi di interrompere prima di 12 settimane il programma di riabilitazione, anche quando sia scomparsa la sintomatologia.

Inutile sottolineare come un recupero affrettato o inadeguato sia il principale fattore di rischio per una recidiva.

In questo contesto risulta determinante il trattamento associato mediante Onde d’Urto Focalizzate.

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